Ilaria del Carretto, grazia e sogno di marmo
Francesca: La tua ultima visita in città, qui a Lucca, è stata davvero interessante no?!
Timo: Ho scoperto che il suo duomo, la cattedrale di San Martino, contiene opere straordinarie: una volta entrato la mia attenzione si è subito concentrata sul Tempietto del Volto Santo, un gioiello artistico.

Francesca: E poi subito sulla destra il dipinto di Tintoretto, L’Ultima Cena. Esplosione di colore e di gioia per noi che amiamo così tanto questo artista! Lo abbiamo intercettato lavorando sulla figura di Emilio Vedova. A questo quadro, conservato a Lucca, dedicheremo presto un nuovo post.
Timo: Pochi passi oltre il dipinto, sulla parete di destra si apre una porta, quella della sagrestia, la stanza di servizio per il prete, ma oggi luogo silenzioso e raccolto dove ammirare il monumento di Ilaria del Carretto, dove i visitatori si siedono su delle panche e osservano il capolavoro.

Francesca: L’opera in marmo bianco è considerata uno degli esempi migliori di arte funeraria del XV secolo in Italia. La donna è Ilaria del Carretto, la seconda moglie di Paolo Guinigi, signore della città di Lucca tra il 1400 e il 1430.
Timo: L’importanza della famiglia si riconosce ancora nel bel palazzo in centro in città, individuabile dalla famosa Torre Guinigi, riconoscibile dai lecci che la decorano alla sommità. Si tratta della torre alberata che puoi distinguere facendo il giro della cinta muraria cittadina.
Francesca: Esatto! Si tratta proprio della loro torre. Però torniamo a Ilaria: la giovane donna era figlia di un marchese della Liguria e morì all’età di soli 26 anni mentre dava alla luce la figlia, chiamata Ilaria anche lei. Allora il signore della città contattò lo scultore Jacopo della Quercia, di origine senese, che progettò il gioiello funerario di marmo.

Timo: La donna è distesa con espressione serena, viene ritratta con un abito lungo, abito elegante che la copre fino ai piedi. La grazia della scultura parte dall’acconciatura, anch’essa è stata decorata da una fascia imbottita, tipica della moda del Quattrocento. La testa è stata appoggiata su due cuscini. Le mani sono state congiunte, unite, sul petto. Quello che viene percepito è un contrasto tra la dolcezza della giovane e il suo triste destino.
Francesca: La caratteristica che rilevi è uno degli struggenti elementi che fanno crescere l’interesse emotivo per l’opera. Tutti gli osservatori partecipano di questo contrasto.
Timo: Dicevi prima dei piedi. Non posso non osservare quel cagnolino, messo lì, quasi a guardia di Ilaria.
Francesca: La sua presenza è un dettaglio significativo: indica la fedeltà coniugale, e sorprende per lo sguardo vivace e per il musetto dolce che rivolge verso la padrona, quasi volesse aspettare una parola da lei.
Timo: Oltre al cagnolino, possiamo trovare un altro dettaglio delizioso, dei bambini lungo i fianchi del sarcofago. Sono simboli di maternità?

Francesca: Si tratta di un riferimento colto, raffinato all’arte classica. Vengono chiamati Putti reggifestone, ovvero bambini alati che sostengono in cerchio una decorazione fatta di foglie, fiori e anche frutti proprio come prescriveva il nascente gusto classicista dell’umanesimo toscano
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